lunedì 10 giugno 2013

Le conseguenze sociali della diffusione dell'auto


Tra gli anni 1958 e 1974, l’automobile ebbe il duplice ruolo di di motore del sistema produttivo e di attore del cambiamento sociale. Senza dubbio senza la rapida diffusione delle quattro ruote, l’Italia non avrebbe goduto dell’età dell’oro.
Per quanto riguarda il primo ruolo, l’auto fu indispensabile per la creazione di nuovi posti di lavoro, da un lato nelle industrie (FIAT, Alfa Romeo, Lancia e aziende collaterali), dall’altro nella costruzione della rete stradale ancora in fase di sviluppo.
Per quanto riguarda il cambiamento sociale, è importante sottolineare che l’automobile permise l’apertura dei primi centri commerciali e la nascita del turismo estivo. Le famiglie che disponevano di un veicolo potevano ora affrontare viaggi impegnativi in libertà in breve tempo.
L’autovettura fu, inoltre, uno strumento di emancipazione soprattutto per le donne che conquistarono una mobilità mai conosciuta prima.
 Tuttavia da quanto si legge nel numero di marzo 1961 di “Quattroruote” le donne alla guida suscitavano dubbi e perplessità negli uomini:
“[…] ogni volta che si incontra una vettura che marcia ostinatamente in mezzo alla strada, che esita ad un bivio, che compie una manovra stravagante, che aziona il lampeggiatore di destra per girare a sinistra, ebbene, secondo gli uomini, impossibile sbagliarsi: al volante c’è una donna.”
Per fortuna questi luoghi comuni sono oggi sfatati a favore di giudizi lusinghieri riguardo la guida femminile. Secondo i dati provenienti dalle assicurazioni e raccolti grazie alla patente a punti le donne oltre ad essere più rispettose delle regole, commettono anche meno sinistri.

Altro merito sociale dell’auto fu quello di cambiare i rapporti tra genitori e figli, permettendo a questi ultimi di liberarsi dal controllo parentale. Grazie alla nuova mobilità non ci si incontrava più sotto la vigilanza degli adulti ma nei locali da ballo. L’automobile ha avuto inoltre due simboli:
 Il luogo dove le giovani coppie potevano incontrarsi senza essere controllate dagli adulti.
La libertà e la spregiudicatezza rappresentata da modelli come la Citroën 2CV e il pulmino Volkswagen.



Installazione del Museo dell’automobile di Torino rappresentante l’auto come luogo di incontro


Il furgone Volkswagen simbolo degli Hippy

La diffusione dell’auto fu invece mal vista dal settore religioso. A preoccupare gli ecclesiastici erano infatti le questioni di ordine etico e morale. Le difficoltà ad accettare il fatto che un religioso potesse mettersi al volante non apparteneva solo alle gerarchie religiose o al clero più anziano, ma anche nei confronti dei fedeli che, soprattutto nelle campagne non sopportavano l’idea di vedere frati e preti alla guida. Il motivo principale per cui i vescovi delle diocesi tendevano a limitare la diffusione dell’auto  fra il clero secolare era dovuto al sospetto e al mal giudizio  dei fedeli, i quali accettavano che i sacerdoti utilizzassero la macchina esclusivamente per le necessità imposte dal loro ministero. Le gerarchie ecclesiastiche pensavano anche che il possesso di una negativa si sarebbe potuto ripercuotere sulle opere caritative dei fedeli dando infatti un’immagine poco umile della figura religiosa.
Nonostante questa diffidenza i religiosi sono oggi stati sedotti dal fascino delle auto al punto da dipenderne come ogni altro cittadino.

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